Testimonianza di Giorgio

Gennaio e febbraio 2004

Desidero raccontare alcuni episodi della mia vita. Vivevo con la mamma e le mie tre sorelle a Seveso; del papà non ho ricordo perché è morto quan­do avevo solo un anno di vita. Era fruttivendolo e aveva conosciuto la mamma, nata in Carnia, quando lei lavorava a Milano. Spesso andavo a tro­vare lo zio Enea, che abitava a Cermenate, un paesino vicino a Seveso; faceva il contadino, aveva una grande casa con la stalla e un gran cortile. La zia badava al pollame, mentre lui lavorava i campi con il solo aiuto del suo amatissimo asino, al quale parlava di continuo, sembrava capisse tutto!

Ricordo quella bellissima giornata in cui, sul carro trainato dal cavallo, sono giunto fino a Milano con il signor Borsatti, padre di ben nove figli. Lui era solito trasportare le pelli di animali da conciare sul carro da Seveso a Milano. Ci impiegava un giorno intero dalla mattina presto alla sera. Così io un giorno, ho partecipato a questa avventura!

Felice era un mio cugino, molto più grande di me; faceva il muratore e partiva ogni giorno con la sua inseparabile bicicletta, pedalava da Cerme­nate a Milano, andata e ritorno (ottanta chilometri al giorno). Era un uomo alto e robusto molto generoso nell’aiutare gli altri. Ricordo quella volta che, mentre imbiancava la cucina alla mia mamma, improvvisamente mi ha preso per la camicia e mi ha sollevato con la sua grande mano fino al sof­fitto, dandomi il pennello perché io lo aiutassi ad imbiancare lassù! Faceva il pugile dilettante, ne aveva di energia!

Proprio in questi giorni mia sorella mi ha informato che un nipote di Feli­ce, di nome Simone, si presenterà in veste di cantante a Sanremo 2004. Non l’ho mai conosciuto, mi fa piacere poterlo vedere in tv, poi andrò sicu­ramente a trovarlo.

Tra Seveso e Meda c’era una fabbrica di colori. Vicino a questa passava il fiume Seveso nel quale noi andavamo a nuotare e ricordo che evitavamo di indossare indumenti perché altrimenti diventavano di tutti i colori… Face­vamo così per non farci scoprire dai genitori che ci vietavano di bagnarci lì. Poi gli americani hanno comperato questa ditta e l’hanno trasformata in una fabbrica chimica; da allora nell’acqua del fiume nuotavano solamente ratti enormi che vivevano nonostante l’inquinamento. Noi non potevamo più nuotare e con le carabine sparavamo ai topi. C’era un mio amico che sottraeva al papà la pistola e anche lui uccideva queste bestiacce. Non potendo andare più nel fiume, noi nuotavamo nella “Foppa”, una buca in una cava di mattoni, che si riempiva di acqua dopo gli acquazzoni. Era di un bel colore marrone scuro. Se penso a quali rischi andavamo incontro! E i nostri genitori non sapevano nulla! Le rane ci facevano compagnia, ce n’e­rano tantissime.

Avevo diciassette anni e mi allenavo con l’amico di nome “Lola” in bici­cletta, facevamo parte di una società ciclistica. Ci eravamo attardati, il sole era già tramontato. Abbiamo incontrato la macchina della polizia e ci ha dato l’alt. Noi eravamo senza fanali, perché le nostre biciclette erano da “corsa”, lo mi sono fermato, Lola invece si è messo a fare una “fuga” per otto chilometri! Curve velocissime e dietro la macchina dei poliziotti e dietro io che seguivo tutti! A un certo punto hanno accostato la bicicletta a Lola e dal finestrino II poliziotto gli ha tirato giù sugli occhi il berretto con il fronti­no, obbligandolo a fermarsi perché non riusciva a vedere. Hanno dato la multa solamente a lui perché era scappato, ma per fortuna dopo un mese gli è stata rimborsata in quanto la nostra società ha fatto ricorso: come cicli­sti dilettanti non avevamo l’obbligo dei fanali.

Sempre in quegli anni andavamo in bicicletta verso Varedo e seguiva­mo le chiuse del fiume che serviva per irrigare i campi. C’erano delle pozze profonde di acqua e noi ci buttavamo lì; presso un mulino provavamo anche il “brivido” di lanciarci nel tubo che portava l’acqua nell’altro argine. Era pericoloso perché potevamo finire sbattuti conto il muro del ponte e inoltre c’erano gorghi. Un giorno ricordo di aver sfiorato l’annegamento. Mi ero sentito venir meno e incominciavo ad ingoiare acqua, per fortuna mi ha visto un altro ragazzo e mi ha tirato sulla riva. Avevo mangiato trop­po e soprattutto avevo assaporato quasi un’intera anguria gelata. Mi è andata bene!

Questi sono alcuni ricordi della mia giovinezza. Ora ho difficoltà a par­lare correttamente, ma riesco comunque a farmi capire; gli altri devono par­larmi lentamente perché faccio fatica a comprendere il suono delle parole, mi devo aiutare guardando i movimenti della bocca. Sono di nuovo con­tento perché posso vivere facendo i miei lavori di falegnameria o meccani­ca di cui sono appassionato. Vivo benissimo con l’affetto dei miei familiari che hanno capito la mia difficoltà ad esprimermi e sono pazienti, sanno darmi tutto il tempo necessario perché io comunichi con loro. Anche con la gente che incontro riesco a esprimermi. Anastasia è la mia nipotina che mi dà tanta soddisfazione e io le regalo ogni mese degli euro da deposita­re nel suo libretto bancario. Sono un nonno previdente!

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